Consiglio Regionale, maxiemendamento alla Legge di Stabilità

È vero che non si apre nessun condono semplicemente perché in Campania il condono è sempre aperto.

«Dietro la semplice proroga di un anno si nasconde il “trucco” di una proroga di ben 14 anni rispetto alla vera legge di riferimento che non è la legge di stabilità dello scorso anno ma la Legge Regionale n. 10 del 18 novembre 2004 una legge contestata dalla sua promulgazione da Legambiente condannata per le sue finalità di sanare gli abusi e che a seguito di ricorsi di ambientalisti subì delle restrizioni da parte della Corte Costituzionale». 

Anna Savarese, della segreteria regionale Legambiente interviene sul Maxiemendamento alla Legge di Stabilità in approvazione da parte del Consiglio Regionale con voto di fiducia la particolare norma “Al comma 1 dell’articolo 13 della legge regionale 38/2017 (legge stabilità 2018) si aggiunge la data del 31 dicembre del 2019” che riguarda la proroga, peraltro inserita anche negli anni precedenti, per le pratiche di sanatorie edilizie già presentate nei termini di legge negli anni passati e giacenti presso le amministrazioni comunali.

«La verità – prosegue Savarese – è che con l’approvazione del maxiemendamento di fatto la Regione Campania ammette che quella legge non ha dato i risultati sperati da chi la promulgò perché dopo 14 anni giacciono ancora inevase presso i comuni pratiche di condono e altri anni passeranno senza che si metterà mai la parola fine a questo condono strisciante e perdurante che legittima ogni anno nuovi abusi perché ormai i cittadini sanno che i condoni in Campania non richiedono neanche l’espletamento delle pratiche, perché le istituzioni non possono e non sono in grado di non rispettare i tempi che esse stesse si sono dati. Una nostra recente ricerca che ha riguardato le domande di sanatoria in Campania, dove hanno risposto 132 comuni, a seguito dei tre condoni (L. 47/1985, 724/1994 e 269/2003) sono state censito ben 362.646 richieste di sanatoria. Una cosa è certa se si potesse sanare si sarebbe certamente provveduto a farlo, se non si fa è perché nella maggior parte dei casi non si può perché gli edifici sono in zone a rischio (vulcanico, sismico, idrogeologico) o in zone paesaggisticamente tutelate. Ancora una volta invece di intervenire sulla sicurezza dei cittadini si preferisce rinviare i problemi ed incrociare le dita. Intanto gli abusivi possono dormire sonni tranquilli e serenamente brindare al nuovo anno». 

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